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Coscienza e responsabilità fra etica ingenua e scienze cognitive


Università di Roma Tre

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Articolo di 5 pagine in formato digitale pdf

In questo articolo descriviamo una forte tensione fra le scienze cognitive e la psicologia del senso comune. Da un lato le scienze cognitive ridimensionano drasticamente l’introspezione, e con ciò sollevano un dubbio radicale sulla concezione ordinaria di noi stessi in quanto agenti coscienti: fatta eccezione per i dati percettivi, non si danno stati mentali coscienti; non esistono né giudizi, né decisioni, né intenzioni coscienti. Da questo punto di vista sia i comportamenti “normali” sia quelli di dipendenza sono dovuti a fattori incontrollabili da parte dell’autoriflessività. Dall’altro lato, l’etica ingenua – ricostruita dalla experimental philosophy – guarda alla coscienza come alla base fondamentale per attribuire responsabilità: l’agente è responsabile di un’azione se questa rispecchia una sua deliberazione cosciente. In questa prospettiva, le dipendenze sono uno dei pochi casi in cui un soggetto compie azioni che sono dovute a fattori di cui il soggetto non è in controllo razionale. Dopo aver esposto questo dissidio, e mostrate le difficoltà di entrambe le posizioni, auspichiamo l’esplorazione di una posizione intermedia tra il filosofo tradizionale, che continua ad attribuire un primato alla coscienza nell’azione a dispetto dei dati che emergono dalle scienze della mente, e lo scienziato (o il filosofo orientato empiricamente) che rivendica in modo eccessivamente unilaterale l’epifenomenismo per gli stati mentali coscienti. In questo quadro, anche il fenomeno delle dipendenze potrà forse essere guardato da una prospettiva allo stesso tempo più realistica e promettente.