Disturbi da uso di sostanze in gruppi di rifugiati e migranti in Svezia: uno studio nazionale di coorte su 1,2 milioni di persone
Traduzione a cura di: Rocco Mercuri (Articolo ridotto)
Dipartimento
Patologia delle Dipendenze
ASL TO3
Samantha Harris
Psylife Group
Division of Psychiatry
University College London, UK
Department of
Psychosocial Science
University of Bergen, Norway
Jennifer Dykxhoorn
Psylife Group
Division of Psychiatry
University College London, UK
Anna-Clara Hollander
Department of
Public Health Sciences
Karolinska Institutet
Stockholm, Sweden
Christina Dalman
Department of
Public Health Sciences
Karolinska Institutet
Stockholm, Sweden
James B Kirkbride
Psylife Group
Division of Psychiatry
University College London, UK
Articolo di 13 pagine in formato digitale pdf
Background: i rifugiati sono, rispetto ai migranti non rifugiati e alla popolazione generale, ad alto rischio di alcuni disturbi psichiatrici, inclusi il disturbo post traumatico da stress (PTSD) e le psicosi. Tuttavia, non è chiaro se ciò valga anche per i disturbi da uso di sostanze (DUS); l’ipotesi è stata analizzata in uno studio di coorte fatto tramite un registro nazionale in Svezia. Si è inoltre indagato se il rischio variava in base alla regione di provenienza, all’età al momento della migrazione, al tempo di permanenza in Svezia e alla diagnosi di PTSD. Metodi e risultati: utilizzando i dati dei registri Svedesi, è stata seguita una coorte nata tra il 1984 e il 1997 dal compimento del 14° anno o dall’arrivo in Svezia se successivo, fino al riconoscimento diagnostico di DUS secondo l’ICD 10-R (codici da F10.X a F19.X) o fino all’emigrazione o fino alla morte o fino al termine del follow-up (31.12.2016). I migranti rifugiati o non-rifugiati sono stati individuati tra coloro che erano presenti in regioni con al massimo 1.000 rifugiati iscritti nei registri Svedesi. È stato usato il modello di regressione di Cox per i rischi proporzionali per stimare i rischi relativi aggiustati e non aggiustati e un intervallo di confidenza del 95% nei migranti rifugiati e non-rifugiati, comparati ad individui nati in Svezia, per tutti i DUS (F10.X-19.X), disturbi da uso di alcol (F10.X), disturbi da uso di cannabis (F12.X), e disturbi da uso di più sostanze (F19.X). Nelle analisi aggiustate, sono stati controllati età, sesso, anno di nascita, reddito familiare, stato lavorativo familiare, densità di popolazione, e diagnosi di PTSD. Il campione di 1.241.901 partecipanti includeva 17.783 rifugiati (1,4%) e 104.250 stranieri non-rifugiati (8,4%). Le regioni di provenienza dei rifugiati erano rappresentate in proporzioni variabili dal 6% (Europa Orientale e Russia) al 41,4% (Medio Oriente e Nord Africa); le proporzioni delle regioni di origine dei migranti non rifugiati variavano dall’11,8% (Africa Subsahariana) al 33,7% (Medio Oriente e Nord Africa). Questi gruppi alla coorte d’ingresso erano più svantaggiati economicamente della popolazione nata in Svezia (p<0,001). I migranti rifugiati e non rifugiati avevano bassi tassi per DUS, simili a quelli dei nativi svedesi. I tassi di DUS nei migranti convergono verso i tassi dei nativi nel corso del tempo, come indicato sia dalla migrazione in età precoce sia dal maggior tempo di permanenza in Svezia. Sono stati osservati modelli simili per i disturbi da uso di alcol e poliuso, separatamente, sebbene le differenze nell’uso di cannabis fossero meno marcate; i risultati non differivano sostanzialmente a seconda della regione di provenienza dei migranti. Infine, mentre una diagnosi di PTSD era oltre 5 volte più presente nei rifugiati rispetto ai nativi Svedesi, era più fortemente associata a tassi maggiori di DUS nella popolazione dei nativi Svedesi rispetto ai migranti non rifugiati. Il principale limite dello studio è che i risultati non possono essere generalizzati ai migranti privi di documenti, che non sono stati inclusi. Conclusioni: i risultati suggeriscono che tassi più bassi di DUS nei migranti e nei rifugiati possono riflettere comportamenti prevalenti relativi all’uso di sostanze dei migranti nei paesi di origine, sebbene questo effetto sembri diminuire nel tempo, con tassi convergenti verso il peso della morbilità dell’uso di sostanze che osserviamo nella popolazione nativa Svedese.