Nonostante l’incessante impegno volto ad arginare e prevenire il problema, l’impatto sociale dell’abuso di sostanze rimane considerevole, sia in termini di morbilità e mortalità che economici. Ogni anno in America più di 400.000 persone muoiono a causa del fumo e si stima che una morte su cinque sia ad esso attribuibile. L’abuso di sostanze è associato a molteplici conseguenze negative, incluse varie patologie, problemi lavorativi e criminalità, nonché ad un’ampia gamma di comportamenti a rischio, espressione di sintomi di dipendenza (es. trascurare attività importanti a causa della sostanza) e di abuso (es. guidare in più occasioni sotto l’influenza di sostanze). Nel 2002, ad esempio, il 4,7% della popolazione americana riferiva di aver guidato sotto l’influenza di una sostanza illegale e il 14,2% sotto l’influenza di alcol, almeno una volta nel corso dell’anno. Nel 1999, si è stimato che il costo economico annuale della tossicodipendenza negli Stati Uniti fosse di 400 miliardi di dollari. Diverse discipline accademiche, tra cui sociologia, psicologia, antropologia ed epidemiologia, si sono occupate del fenomeno, talvolta in maniera alquanto settoriale: ad esempio, i fattori psicologici individuali, centrali nella ricerca psicologica, sono stati sovente trascurati nella ricerca epidemiologica condotta in ambito psichiatrico. Ciononostante, l’evidenza proveniente dai diversi ambiti di studio indica fortemente che l’eziologia dell’uso di sostanze sia multifattoriale e che fattori genetici, psicologici e sociali costituiscano tutti dei determinanti di uso di sostanze. Perché allora ci si dovrebbe interessare all’epidemiologia sociale della tossicodipendenza? In un certo senso, tutta l’epidemiologia è sociale: le persone sono esseri biologici e sociali, ed è raro trovare processi biologici, e tanto meno comportamenti, che non siano mediati dall’ambiente.