Sostanze pro-aggressive e sostanze anti-aggressive
Icro Maremmani
Alcuni anni orsono il mio gruppo di ricerca pubblicò
un lavoro sullo “strano caso” degli oppiacei
nelle psicosi. Un lavoro particolare, il nostro,
perché si distaccava in gran parte dal pensiero
comune che vede la psicosi come un evento correlato
all’uso non medico delle sostanze, e che si
sviluppa con maggiore facilità nei soggetti dediti
all’uso di cannabinoidi, stimolanti, allucinogeni
e alcol. Per gli oppiacei, invece, non esistevano
prove di un loro coinvolgimento con l’insorgere
di una psicosi, almeno nel caso dell’intossicazione.
Cercammo così di dividere le sostanze in
pro-psicotiche a anti-psicotiche. Questa azione
anti-psicotica era completamente sganciata
da quella che porta all’insorgenza del disturbo
da uso di sostanze coi suoi fenomeni intrinseci
del craving e del comportamento recidivante.
Concludemmo che il trattamento con agonisti
oppiacei andava riconsiderato e che fra i suoi
meriti non andava annoverata solo la potenza
anti-craving, ma anche l’efficacia sui sintomi psicopatologici.
In questo modo avremmo potuto
considerare l’agonismo oppiaceo un tool aggiuntivo
per il trattamento della patologia mentale
(Maremmani et al., 2014).
La medicina di precisione si sta affermando
come un nuovo approccio alla terapia medica.
La scuola pisana di psichiatria, con l’individuazione
dello spettro sindromico, aveva già precorso
questo tipo di atteggiamento. La terapia della
depressione maggiore poteva cambiare anche
sulla base dello spettro sindromico che poteva
essere ritrovato nel paziente. Così un depresso
con spettro ansioso poteva e doveva, per rispondere
favorevolmente al trattamento, assumere
farmaci diversi da un depresso con spettro ossessivo-compulsivo. Le caratteristiche sopra e
sottosoglia del paziente permettevano di fare
una terapia di precisione.
Chi si occupa della diagnosi e del trattamento
del disturbo duale sa bene che l’effetto di una
sostanza può variare a seconda della genetica
del soggetto che la assume. Così come alcuni
soggetti non riescono a prendere sonno dopo
aver bevuto un caffè, altri ne possono bere liberamente
senza influenzare il proprio ritmo
sonno-veglia. Gli stimolanti, in genere, eccitano
le stragrande maggioranza delle persone che li
assumono, ma qualcuno, quando assume stimolanti
non si eccita. È questo il caso di alcuni
soggetti con ADHD dell’adulto che quando assumono
cocaina non mostrano eccitazione, ma
riescono a tranquillizzarsi e a essere più produttivi.
Ricordo una coppia di giovani sposi che mi
raccontò, candidamente, che dopo il lavoro, alla
sera, a casa loro, dopo cena, assumeva cocaina
per…..poter guardare un film in televisione seguendone
la trama, cosa che senza cocaina era
per loro impossibile.
Nell’ottica della medicina di precisione, dunque,
anche il disturbo da uso di sostanze e le sostanze
stesse potrebbero giocare un ruolo rilevante.
L’aggressività si riferisce ad un’ampia gamma di
comportamenti umani che possono svolgere
funzioni diverse nell’adattamento dell’uomo alla
realtà che lo circonda. Il termine “aggressione”
può descrivere sia l’adattamento all’ambiente in
modo attivo, creativo e disponibile, sia il comportamento
negativo e distruttivo, socialmente
deplorabile (Maremmani et al., 1999a; 1999b;
1999c). Anche le sostanze potrebbero avere una
azione pro-aggressiva e una anti-aggressiva, sia
per la loro azione diretta, sia per la combinazione
con diversi substrati genetici dei pazienti.
Un’azione pro-psicotica e pro-aggressiva è stata
dal nostro gruppo di ricerca evidenziata sia per
i cannabinoidi che per l’MDMA (Maremmani et
al., 2004; Rugani et al., 2012). Un'azione anti-psicotica
e anti-aggressiva è stata evidenziata da noi
più volte (Bacciardi et al., 2012; 2013; Conversano
et al., 2018; Maremmani et al., 1993; Maremmani
et al., 2014; Maremmani et al., 2019;
Maremmani et al., In press).
Al di là di ciò, la letteratura suggerisce un’azione anti-aggressiva anche per gli allucinogeni (Della
Rocca et al., 2019), mentre i rapporti fra cocaina e
effetto pro-aggressivo sono evidenti (Carbone et al.,
2019). I dati sul rapporto aggressività e cannabinoidi
sono al momento contrastanti (Avella et al., 2019).
Di estremo interesse appaiono, comunque i nostri
risultati sull’uso di stimolanti e non stimolanti
nell’ADHD dell’adulto in comorbidità con disturbo
da uso di cocaina. Al miglioramento dell'ADHD corrisponde
un miglioramento direttamente correlato
all'uso di cocaina (Manni et al., In press).
Ancora una volta e anche nel caso dell’aggressività
si potrebbe, in un certo senso, parlare di sostanze
che vengono ricercate per un reward craving e di
sostanze ricercate per un relief craving. Nel caso
della cocaina pro-aggressiva si potrebbe parlare di
reward craving, mentre nei soggetti con ADHD la
spinta verso la sostanza sarebbe sostenuta da un
relief craving. Tutto ciò appare ancora più intrigante
quando si consideri l’attuale scarsissima disponibilità
di farmaci anti-aggressivi.