Il numero raccoglie una selezione degli interventi del convegno “Addiction: tra Biologia e Società. Prospettive per un dialogo interdisciplinare”, evento nazionale della Società Italiana Tossicodipendenze tenutosi nel 2009 a Roma.
Il convegno intendeva esplorare alcuni dei principali nodi problematici che caratterizzano la medicina delle dipendenze a partire da prospettive disciplinari diverse. L’idea del convegno era nata dalla realizzazione di un numero della precedente serie della nostra rivista dedicato all’epistemologia, alle questioni teoriche e di metodo che toccano tanto la ricerca quanto gli interventi sulle dipendenze.
Due le questioni principali sulle quali si tentava di riflettere. Un primo problema che veniva sollevato era quello della necessità di adeguare la medicina delle dipendenze all’accelerazione esponenziale nella produzione di conoscenze, di tecniche di indagine e di metodi di intervento. È un problema particolarmente acuto. La gran parte di queste nuove informazioni infatti proviene dall’esplosione della biologia molecolare applicata alle neuroscienze e dall’affermazione delle neurotecnologie, come le neuroimmagini e la nuova farmacologia del cervello, nello studio e nella cura dei disturbi del comportamento. La rivoluzione molecolare e il crescente peso delle neuroscienze e delle tecnologie derivate all’interno delle discipline che indagano e trattano i disturbi del comportamento hanno velocemente elevato il grado di risoluzione con cui si scompongono le dipendenze, al fine di comprenderle e curarle. Ciò rende particolarmente pressante la necessità di ricostruire l’interconnessione concettuale tra il dominio biomedico e lo spazio dei fattori sociali in medicina delle dipendenze. Allo stesso tempo appare urgente adeguare quest’ultima a un dominio socioculturale di richieste, bisogni, valori e percezioni profondamente mutato da quello in cui erano maturati i riferimenti di fondo, le trame concettuali, le pratiche e l’organizzazione cui ancora oggi la medicina delle dipendenze fa riferimento.
Questo primo problema rimandava dunque a una seconda fondamentale questione: la necessità di identificare gli eventuali collegamenti teorici tra i diversi piani di interpretazione del fenomeno dipendenze, dal piano molecolare a quello psicosociale; il bisogno di individuare contatti, rapporti e possibili integrazioni delle strategie d’azione in clinica e nella prevenzione, ovvero l’urgenza di porre in reciproca relazione i diversi dizionari disciplinari e le differenti matrici concettuali che ne informano il piano teorico e la dimensione pratica.
Per il convegno, abbiamo così scelto di focalizzare la discussione critica e interdisciplinare su quattro tematiche, concordando per ognuna di esse alcune questioni su cui far riflettere studiosi e operatori di formazione e professione diversa, dal filosofo al neurobiologo, dallo psichiatra al sociologo. Le riportiamo di seguito.
1) Il concetto di dipendenza come malattia: La dipendenza è una malattia? Cos’è una malattia? La controversa natura dei segni, dei sintomi e della fisiopatologia. Una malattia tra biologia e cultura? Le criticità, le prospettive di sviluppo concettuale e di ricerca; il rapporto e le possibilità di contatto con gli altri punti di vista.
2) La diagnosi: Aspetti critici della diagnosi. Cos’è una diagnosi. Modelli diagnostici della dipendenza in relazione alla ricerca biomedica e alle ipotesi etiopatogenetiche; modelli diagnostici tra teoria e osservazione; il rapporto tra clinica e diagnosi; i diversi possibili approcci al problema e le relative matrici teoriche per le diagnosi.
3) La cura: Che cosa significa curare la dipendenza e intervenire sulla dipendenza e le dipendenze; i bisogni e le richieste sui diversi piani del fenomeno dall’individuo alla società; modelli concettuali della dipendenza e modelli di cura; contraddizioni e possibilità di integrazioni.
4) Le dimensioni etiche: Aspetti etici controversi tra neurobiologia e società: responsabilità, autonomia, capacità di controllo volontario, etica e cura, dalla morale alla legge, etc., intendere e volere. Modello biomedico della dipendenza vs modello etico: malattia o vizio.
Il dibattito critico, il confronto interdisciplinare su un comune oggetto di studio e la messa in discussione dei principi e delle strategie d’azione che guidano i comportamenti in clinica o nella ricerca possono generare sconcerto o innescare reazioni di rifiuto. La revisione critica e il dialogo in certo modo minano le certezze che indirizzano e regolano la percezione dei fenomeni e dei problemi dell’ambito in cui si opera e la maniera in cui concretamente si agisce e si valutano gli effetti delle nostre azioni. Tuttavia, il costante ripensamento, il confronto tra discipline diverse, la reciproca considerazione e contaminazione sono le condizioni essenziali sia per il superamento delle incoerenze e delle lacune che oggi condizionano la comprensione e il trattamento dei comportamenti d’abuso, sia per alimentare il loro costante adeguamento e aggiornamento metodologico e teorico.
Ci auguriamo che il convegno e gli atti che pubblichiamo in questo numero promuovano una diversa sensibilità e disposizione verso la discussione interdisciplinare. Perché, come insegna la storia delle scienze, le nuove idee, gli avanzamenti teorici e le applicazioni della conoscenza - nel nostro caso le ipotesi e le strategie più funzionali e efficaci per la ricerca e la terapia delle dipendenze -, emergono più facilmente se si mantiene viva la riflessione critica e il dialogo tra discipline diverse.